lunedì 28 giugno 2010

«Esseri umani estinti entro cento anni»


La catastrofica previsione del biologo Frank Fenner.Cause: esplosione demografica e consumi fuori controllo
«È una situazione ormai irreversibile e penso sia tardi per porvi rimedio»
«Esseri umani estinti entro cento anni»

MILANO - La razza umana si estinguerà nel giro dei prossimi cento anni e così pure un sacco di specie animali. A dirlo è nientemeno che Frank Fenner, 95enne professore di microbiologia dell'Australian National University, ma soprattutto lo scienziato che ha contribuito a debellare il vaiolo. Stando all’eminente cattedratico, a far precipitare gli eventi saranno l’esplosione demografica e i consumi fuori controllo, due fattori ai quali gli uomini non riusciranno a sopravvivere, mentre a dare inizio alla caduta sarebbero stati i cambiamenti climatici.

IRREVERSIBILE - «L'homo sapiens sarà estinto probabilmente nei prossimi 100 anni - ha detto Fenner al giornale The Australian - e lo stesso accadrà per molti animali. È una situazione ormai irreversibile e penso sia davvero troppo tardi per porvi rimedio. Non lo manifesto perché la gente sta comunque tentando di fare qualcosa, anche se continua a rimandare. Di certo, da quando la razza umana è entrata nell’era nota come Antropocene (termine coniato nel 2000 dallo scienziato Paul Crutzen per definire l’era geologica attuale, in cui le attività dell’uomo sono le principali fautrici delle modifiche climatiche, ndr), l’effetto sul pianeta è stato tale da poter essere paragonato a una delle epoche glaciali o all’impatto di una cometa. Ecco perché sono convinto che faremo la stessa fine degli abitanti dell’isola di Pasqua. Attualmente, i cambiamenti climatici sono ancora in una fase molto iniziale, ma già si vedono dei considerevoli mutamenti nelle condizioni atmosferiche. Gli Aborigeni hanno dimostrato che potrebbero vivere per 40 o 50mila anni senza la scienza, la produzione di diossido di carbonio e il riscaldamento globale, ma il mondo non può e così la razza umana rischia di fare la stessa fine di molte altre specie che si sono estinte nel corso degli anni». La catastrofica e pessimistica visione di Fenner non sembra, però, trovare grande rispondenza fra i suoi stessi colleghi. «Frank può anche avere ragione - ha spiegato il professor Stephen Boyden, oggi in pensione, al Daily Mail - ma alcuni di noi hanno ancora la speranza che si arrivi a prendere consapevolezza della situazione e che, di conseguenza, si mettano in atto i cambiamenti necessari a raggiungere un vero sviluppo ecosostenibile».

CRISI GLOBALE - «La razza umana - gli fa eco Simon Ross, vice presidente dell'Optimum Population Trust - si trova ad affrontare delle autentiche sfide come i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità (ovvero, l’estinzione di alcune specie animali, ndr) e una crescita senza precedenti della popolazione». Ma c’è chi all’agghiacciante previsione di Fenner mostra in qualche modo di crederci e se la scorsa settimana il principe Carlo aveva messo in guardia dai pericoli legati alla crescita così impetuosa della popolazione mondiale, un altro scienziato, il professor Nicholas Boyle dell’università di Cambridge, si è spinto anche oltre, ipotizzando il 2014 come la data del "giudizio universale", spiegando (nel libro "2014: Come sopravvivere alla prossima crisi globale") che il mondo si sta infilando in una crisi globale senza precedenti, che avrà influenze estremamente più vaste dell’attuale crisi economica internazionale. Nel 2006 era, invece, toccato all’esimio professor James Lovelock lanciare l’allarme circa una diminuzione della popolazione mondiale nel prossimo secolo, quantificabile in 500 milioni di unità, a causa degli effetti del riscaldamento globale, sostenendo che nessun tentativo di cambiare il clima avrebbe davvero risolto il problema, ma avrebbe semplicemente permesso di guadagnare del tempo.

Simona Marchetti

Ritrovata Avaris, città egizia di oltre 3.500 anni fa


Sotto al delta del Nilo un team di archeologi austriaci ha scoperto i resti di una città che fu la capitale della popolazione Hyksos, una popolazione nomade asiatica
ARCHEOLOGIA
Ritrovata Avaris, città egizia di oltre 3.500 anni fa
Sotto al delta del Nilo un team di archeologi austriaci ha scoperto i resti di una città che fu la capitale della popolazione Hyksos, una popolazione nomade asiatica
La mappa satellitare di Avaris, città egizia scoperta da archeologi austriaci
MILANO – Avaris fu, circa 1.500 anni prima di Cristo, la capitale egiziana del popolo Hyksos (il cui nome significa «sovrani dei Paesi stranieri»), stirpe nomade asiatica che discese in Egitto al termine del Medio Regno, per governarvi dal 1664 al 1569 a.C.. Ora una missione archeologica austriaca ha localizzato alcuni resti di questa città nei pressi del villaggio di Tell El-Dab'a, nella regione nord orientale del delta del Nilo.
LA SCOPERTA – È una scoperta importante per gli archeologi di tutto il mondo. Il team austriaco è presente nell’area già da 35 anni: i primi studi per ritrovare Avartis furono avviati nel 1975. Come ha raccontato l’archeologa a capo della cordata Irene Mueller, grazie all’uso del radar il suo gruppo di studiosi ha potuto identificare la struttura urbanistica di Avaris, e riconoscere diverse vie, costruzioni, abitazioni, templi, un porto affacciato sul Nilo, due isole sommerse, pozzi di diverse dimensioni. Il tutto sotto a una zona particolarmente ricca di verde e coltivazioni, come è possibile vedere nelle immagini da satellite in cui viene sovrapposta l’attuale conformazione fisica del territorio all’estensione della vecchia capitale egizia. Proprio per via delle molte abitazioni e aree agricole presenti oggi nella zona, è difficile fare scavi per portare alla luce gli antichi resti.


GLI HYKSOS – A governare questa capitale egizia fu una popolazione che arrivò sul delta del Nilo dall’Asia, gli Hyksos. Veneratori del dio Seth, cui edificarono un tempio ad Avartis, erano composti da semiti e cananei. Da questa città questi nomadi si spostarono poi verso Menfi, ma non governarono mai oltre il Medio Egitto. Furono molti gli scambi con altre popolazioni, negli scritti si trovano infatti tracce dei loro rapporti con Creta, l’Anatolia, le isole dell’Egeo. Come già facevano i faraoni, anche gli Hyksos usavano incidere i propri nomi sugli scarabei (considerati animali sacri) poi collocati tra i bendaggi delle mummie. È grazie a loro che in Egitto si iniziarono a usare i cavalli come animali da traino, e i carri per combattere in guerra.
Eva Perasso

giovedì 3 giugno 2010

ARCHEOLOGIA / Scienzati Usa studiano i Maya con la tecnologia Nasa e scoprono che la vera data della profezia non è il 2012




La fine del mondo calcolata dai Maya per il 2012? Due archeologi americani, tra i massimi conoscitori della popolazione precolombiana, rivelano che in realtà la vera data dell’antica profezia è un’altra. Arlen e Diane Chase illustrano per il Sussidiario come, grazie alla tecnologia spaziale fornita dalla Nasa, sono riusciti ad addentrarsi nei segreti e nei misteri dei Maya come nessuno era mai riuscito a fare prima. Il loro obiettivo era infatti realizzare la mappa dell’antica città di Caracol, in Belize, che è però coperta dalla giungla.

E in 25 anni, armati di machete, Arlen e Diane Chase erano riusciti a realizzare la mappa soltanto di 23 chilometri quadrati. Mentre con una tecnologia basata sull’uso del laser, detta LIDAR, montata su un aereo bimotore, sono riusciti in 24 ore a ricostruire tridimensionalmente a computer l’intera città di Caracol, per un’area totale di 177 chilometri quadrati. Il commento a caldo di Diana Chase è stato: «Siamo stupefatti. L’uso del Lidar rivoluzionerà l’archeologia Maya allo stesso modo in cui lo hanno fatto la datazione al carbonio negli anni ’50 e l’interpretazione dei geroglifici Maya negli anni ’80 e ’90».

Professori Arlen e Diane Chase, perché secondo voi il LIDAR rivoluzionerà le nostre conoscenze sui Maya?
Il LIDAR rivoluzionerà le nostre idee sui Maya per la sua capacità di rappresentare globalmente un territorio antico. Finora, i ricercatori dovevano limitarsi a campioni parziali senza poter contestualizzare pienamente i dati archeologici. Il LIDAR ci permette ora di vedere l’intero insediamento e il territorio circostante e ci consentirà di individuare le differenze territoriali tra i Maya e i confini tra le antiche entità politiche.

E’ vero che gli astronomi dei Maya hanno predetto che il mondo finirà il 22 dicembre 2012?
La profezia sul 2012 è una costruzione della moderna «new age». L’attuale ciclo temporale maya finirà attorno all’anno 4.946 del nostro calendario. Il 22 dicembre del 2012 per il calendario maya sarà il 13.0.0.0.1 (cioè una data qualsiasi senza nessun valore simbolico, Ndr) e quel giorno quindi nel mondo tutto sarà tranquillo.

L’astronomia maya, cui di recente sono stati dedicati diversi libri e film, era davvero così avanzata come si pensa?
L’astronomia maya era molto avanzata. I loro scienziati praticavano osservazioni dirette e dettagliate del cielo e le loro rilevazioni dei cicli dei vari pianeti erano registrate nei loro codici cartacei e nei geroglifici sulla pietra.

Per la comunità scientifica, qual è la cosa più difficile da spiegare sulla civiltà maya?
La cosa più difficile da spiegare è quanto questa civiltà fosse grande e complessa. Dato che finora avevamo avuto a che fare solo con campioni del loro passato, ma mai con una visione globale, gli scienziati hanno creato diversi modelli per spiegare come la loro società sia scomparsa. Le informazioni del LIDAR ci aiuteranno a perfezionare la nostra conoscenza di questo antico popolo, proprio perché fornisce un contesto completo.

Avete scoperto qualcosa di nuovo sullo sviluppo tecnologico dei Maya?
Tutto il paesaggio attorno a Caracol è stato completamente modificato dall’azione dell’uomo, detta anche antropogenica. Gli antichi abitanti dovevano avere una relazione intima con l’ambiente circostante e gestivano molto attentamente i terreni e i flussi di acqua nel territorio.

In queste rilevazioni o in precedenti studi, avete scoperto qualche prova di sacrifici umani presso i Maya?
Sì, a Caracol abbiamo rinvenuto delle prove archeologiche dei sacrifici umani realizzati dai Maya. I sacrifici umani facevano parte della loro antica religione, come è stato confermato da un punto di vista archeologico.

IL LIDAR può aiutarci a capire le ragioni della scomparsa della civiltà Maya?
I dati ricavati con il LIDAR ci aiuteranno a comprendere quanto intensamente i Maya abbiano utilizzato e modificato il loro territorio. Questo, a sua volta, potrà aiutarci a capire perché abbiano abbandonato certe aree. E’ importante specificare, tuttavia, che la loro decadenza non fu un processo uniforme e si sviluppò su più di 150 anni. I dati del LIDAR ci consentiranno di individuare come hanno influito su questo processo le differenze territoriali. Inoltre, in alcune zone non vi fu alcuna scomparsa dei Maya.

Caracol si estendeva per 177 Km quadrati, quasi come Boston (232,2 Km quadrati). Perché era così grande?
Caracol era così grande perché questa era la caratteristica dell’urbanistica Maya. A differenza delle moderne città occidentali, i Maya incorporavano la loro agricoltura nelle città, e Caracol può essere definita una forma di urbanismo «a bassa densità». Questa definizione di urbanismo è stata usata da Roland Fletcher per la città di Angkor Wat, in Cambogia, che si estende per oltre 1000 Km quadrati. Le dimensioni di Caracol non sono anomale per le città Maya: Tikal, Calakmul e Coba erano all’incirca della stessa grandezza. Tuttavia, nessuna aveva la popolazione delle città moderne e Caracol, probabilmente la più grande città Maya, aveva circa 115.000 abitanti.

Perché Caracol è stata definita una «città sostenibile»?
La definizione di Caracol come città sostenibile deriva dalla presenza di terrazzamenti e serbatoi all’interno della città. I primi permettevano agli abitanti di far crescere il cibo di cui avevano bisogno e i numerosi serbatoi consentivano di immagazzinare l’acqua necessaria. Così l’intera città era «sostenibile».

Perché il comunicato stampa definisce il LIDAR una «tecnologia spaziale»?
Il LIDAR è definito «tecnologia spaziale» perché la ricerca è stata finanziata dal Programma di Archeologia Spaziale della NASA. La ricerca comprendeva sia la rappresentazione IKONOS dai satelliti, sia quella LIDAR dai sorvoli; i risultati di quest’ultima si sono dimostrati molto superiori a quelli ottenuti da IKONOS.

Chi ha permesso la realizzazione della vostra ricerca sulla città di Caracol?
Il progetto archeologico su Caracol della University of Central Florida, che abbiamo diretto personalmente, rappresenta una collaborazione di lungo termine con l’Istituto di Archeologia del Belize. I fondi per la ricerca LIDAR a Caracol nel Belize, nel 2009 sono stati stanziati dalla Nasa a favore di John F. Weishampel, Arlen F. Chase e Diane Z. Chase. Il lavoro è stato facilitato dalla collaborazione dell’Istituto di Archeologia del Belize, e specialmente di Jaime Awe e Brian Woodye. Ramesh Shrestha, K. Clint Slatton, Michael Sartori e William E. Carter del National Center for Airborne Laser Mapping, che hanno effettuato le rilevazioni aeree dell’area di Caracol e hanno elaborato i dati raccolti con Lidar.