domenica 27 febbraio 2011

E Lucy cambia la storia - camminò 3 milioni di anni fa

Scoperta in Etiopia la prova dei primi passi dell'uomo. L'Australopithecus afarensis in grado di deambulare assai prima dell'Homo erectus. Il metatarso mostra che si era abbandonata la posizione da quadrupedi progenitrice
di ELENA DUSI


IL PIEDE con cui l'uomo fece il più grande balzo della sua storia è stato dissepolto dalla polvere dell'altopiano etiopico. Gli antropologi che l'hanno trovato lo definiscono "una molla". La sua forma ad arco, risalente a 3,2 milioni di anni fa, in grado di spingere il corpo in avanti durante la deambulazione, è la più antica fra le prove che i nostri antenati camminavano in posizione eretta.

L'Homo erectus, vissuto tra 1,7 e 0,5 milioni di anni fa, conserva ancora il suo nome, ma non più il suo primato. I primi ominidi capaci di stare su due gambe e camminare in posizione eretta sono più antichi di uno o due milioni di anni. Ad alzarsi per la prima volta e scrutare l'orizzonte della savana è stato infatti un Australopithecus afarensis, vissuto tra 3,7 e 2,9 milioni di anni fa.

A questa specie apparteneva Lucy: la famosa donna primitiva il cui scheletro quasi completo (ma senza ossa dei piedi) emerse dalle stesse polveri etiopiche nel 1974. La sua età (3,2 milioni di anni) coincide perfettamente con la datazione del piede arcuato appena scoperto. Solo questa forma - che l'uomo non condivide con nessun'altra specie - permette di camminare in posizione eretta, sostengono i paleontologi e gli esperti in anatomia umana delle università dell'Arizona e del Missouri che su Science hanno pubblicato i risultati dell'analisi dei frammenti etiopici. Come una molla, il piede ad arco spinge il corpo in avanti durante la deambulazione e assorbe l'impatto quando la
gamba calpesta il terreno. Nel corpo di Lucy è inoltre scomparso l'alluce lungo e molto flessibile che i primati usano per aggrapparsi ai rami degli alberi.

Del prezioso piede ad arco i ricercatori hanno dissepolto il quarto metatarso: una delle cinque ossa lunghe (quasi dieci centimetri) che si trovano al centro del piede, prima delle dita, esattamente dove la pianta forma un arco. Ancora oggi, nelle persone in cui la curvatura non è perfetta, il cosiddetto "piede piatto" provoca problemi di postura e deambulazione.

Il ritrovamento è avvenuto ad Hadar, in Etiopia, da quasi quarant'anni una vera e propria miniera per i paleontologi che studiano gli afarensis. Da qui infatti negli ultimi 15 anni sono stati dissepolti 250 frammenti appartenenti a circa 17 individui, tanto che lo scavo è stato ribattezzato "il sito della prima famiglia". Fra le ossa appartenenti a questa specie di ominidi robusta, sana, longeva e numerosa, fino a ieri era sempre mancato il tassello del piede. Qualcuno aveva già suggerito che gli afarensis fossero in grado di percorrere alcuni tratti di savana in posizione eretta. Un'impronta trovata in Tanzania, a Laetoli, era stata analizzata nei più minuti dettagli. E i ricercatori si erano convinti che a lasciarla nel fango fosse stato un ominide con il piede arcuato e la posizione eretta. Ma sulla paternità e sulla datazione (3,7 milioni di anni) di quelle orme gli scienziati non avevano mai trovato un reale consenso.

Solo l'analisi del piede di Hadar offre la prova del nove che l'uomo si è alzato oltre un milione di anni prima di quanto si ritenesse in passato, quando i paleontologi assegnarono il nome all'Homo erectus. "Sapere che Lucy e i suoi parenti avevano i piedi arcuati è un piccolo tassello, ma ci offre moltissime informazioni su dove questi antenati vivevano, cosa mangiavano, come evitavano i predatori. Lo sviluppo di questa forma del metatarso è stato un cambiamento fondamentale e dimostra che gli afarensis avevano definitivamente abbandonato la vita sugli alberi" spiega Carol Ward, l'esperta in anatomia dell'università del Missouri che ha analizzato il frammento.
Scherzando, i ricercatori suggeriscono che Lucy sarebbe stata capace di camminare con i tacchi, data la forma moderna ed efficiente dei suoi arti inferiori. In realtà gli afarensis, pur assaporando il piacere di spostarsi su due gambe nella savana, erano rimasti affezionati anche agli alberi e ai balzi di ramo in ramo. Spalle e braccia robuste, mani prensili dimostrano che la metà superiore del corpo, il viso e il cranio di Lucy portavano segni evidenti di un passato da scimmia. Ma ormai il suo sguardo aveva imparato a rivolgersi verso l'alto e non si sarebbe riabbassato mai più.
Fonte: Repubblica.it

Il segreto della longevità in un villaggio sperduto dell'Ecuador: la popolazione è alta solo un metro

Il segreto per vivere in eterno potrebbe nascondersi in un villaggio tra i monti dell'Ecuador. A rivelarcelo sono due ricercatori, Jaime Guevara-Aguirre e Valter Longo, che hanno studiato gli abitanti di questo paesino. Uomini e donne alti solo un metro, ma immuni al cancro e al diabete, oltre che al passare degli anni. (Per approfondire clicca qui) Continua a leggere questa notizia

LA SCOPERTA - Era il lontano 1987, quando Guevara-Aguirre girovagando a cavallo tra sentieri impervi di montagna s'imbatté per caso in alcuni di questi omini. Tutti gli abitanti erano alti un metro e sembravano molto più giovani della loro età reale. Si chiese il perché e decise di studiare da vicino il caso. Scoprì che 99 persone esaminate erano affette dalla cosiddetta sindrome di Laron. Il più grande gruppo di pazienti affetti da questa malattia mai esaminato al mondo. Una disfunzione diffusa tra i gruppi di origini sefardite (ebrei spagnoli o portoghesi). Infatti qui non si sta parlando di indios o tribù non ancora conosciute dall'Occidente. Ma di famiglie con cognomi ispanici e radici ebraiche, trasferitesi in Sudamerica.

L'INCREDULITA' DEGLI ESPERTI - Il dottor Aguirre già nel 1994 colse la relazione tra la malattia e la straordinaria longevità degli abitanti del villaggio. Ma la comunità scientifica non gli credette subito. "Benché i risultati dei miei primi rapporti fossero sorprendenti - spiega il dottor Aguirre -, la gente pensava che i dati fossero troppo limitati per rappresentare un vero e proprio campione credibile. Così decisi di fermarmi nel villaggio altri 10 anni. Ma nessuno mi voleva credere comunque". Nessuno tranne il ricercatore della Southern California University, Valter Longo, che nel 2005 decise di collaborare alle sue ricerche. Anche perché in tal modo, studiando casi naturali di esseri umani, avrebbe potuto allungare la vita agli animali da laboratorio. Ma in cosa consiste la particolarità di questi omini?

LA LONGEVITÀ DEGLI ABITANTI DEL VILLAGGIO - La sindrome di Laron è la sotto-produzione dell'ormone IGF-1, dovuta a sua volta a un'anomalia nel recettore dell'ormone della crescita. In pratica, al passaggio dell'ormone della crescita, la proteina fa sì che sia assimilato dalla cellula. Se qualcosa in questa catena non funziona, il meccanismo della crescita si ferma. Ma cosa c'entra tutto questo con la longevità? Studiando gli abitanti del villaggio, Aguirre si accorse che nessuno soffriva di diabete. E anche i casi di cancro, così diffusi nella nostra società, nel villaggio erano praticamente nulli. Perché? Semplice, perché la mutazione genetica avvenuta con la sindrome di Laron li ha resi immuni a queste due malattie, cause principali della morte per invecchiamento.
Fonte: ilsussidiario.net