giovedì 12 marzo 2015

GIAPPONE: POSSIBILE UN TERREMOTO SIMILE A QUELLO DEL 2011

Dopo il sisma di quattro anni fa le placche tettoniche della regione nipponica avrebbero cambiato movimento e posizione

IL DEVASTANTE sisma del 2011 potrebbe aver cambiato per sempre il movimento delle placche tettoniche del Giappone. Lo sostengono alcuni scienziati nipponici che suggeriscono di stare allerta per la possibilità imminenti di altri terremoti di simile entità. Secondo quanto ha riferito la tv pubblica NHK, ricercatori dell'Autorità d'informazione geospaziale, che dipende dal ministero dei Trasporti e infrastrutture, dicono che le placche tettoniche del Paese e della sua regione sono in movimento continuo.

Hisashi Suito, capo della divisione di ricerca sulla deformazione della crosta terrestre della stessa Autorità, ha dichiarato che benché si supponga che le probabilità di un nuovo terremoto debbano diminuire, non è convinto che sia così.

Gli esperti credono che due placche poste di fronte alle coste del Nord-Est del Paese, nell'area dove si produsse il terremotodel marzo 2011, si siano sollevate di oltre 20 metri. Dopo aver esaminato le attività sotto i fondali marini, hanno osservato che una delle placche si è spostata di 95 centimetri verso Est, nei pressi della penisola di Oshika, nella provincia de Miyagi, sprofondata di 120 centimetri per il terremoto e da allora risalita di 39 centimetri.

Secondo gli scienziati, la causa di questo movimento, che ha interessato un'ampia zona a Sud di Hokkaido, è dovuta allo sfogo di "stress geologico". Secondo Suito, il fenomeno si sta sviluppando non solo nella placca di fronte alle coste del Nord-Est, ma anche nel Giappone interno. Il ricercatore segnala la necessità di stare allerta per un terremoto simile a quello che nel 2011 generò lo tsunamiabbattutosi sulla costa di Tohoku, dove si contarono 18.000 tra morti e dispersi. L'11 marzo ricorre il quarto anniversario della tragedia.

 fonte: Repubblica.it

mercoledì 11 marzo 2015

FROSINONE: SCOPERTA UNA TOMBA VOLSCA DURANTE LA STESURA DELLA FIBRA OTTICA

Il loculo contiene uno scheletro di 2.500 anni fa e arredi funerari, vasi di ceramica e di bronzo, oggetti di ferro

FROSINONE - Le moderne tecnologie s’imbattono nella storia e riportano a galla antiche testimonianze. Erano impegnati a installare cavi per la fibra ottica quando da uno scavo, profondo soltanto poco più di un metro, è emersa una tomba volsca. A Frosinone spuntano nuovi tesori. La scoperta è avvenuta in piazzale De Matthaeis, nel cuore della parte bassa del capoluogo ciociaro.


Resti umani e vasi
Durante i lavori, di fronte al Grattacielo, all’incrocio tra viale Roma e via Mària. è venuto alla luce un loculo (sarebbe la cinquantesima scoperta del genere nella zona) con resti umani, arredi funerari, vasi di ceramica e di bronzo, oggetti di ferro, tutto di età preromana. Lo scheletro del volsco, vissuto 2500 anni fa, è in cattivo stato di conservazione. I reperti, dopo l’intervento della Soprintendenza ai Beni archeologici del Lazio con il funzionario Alessandro Betori, sono stati «impacchettati» e trasferiti al Museo comunale, che resta in attesa di essere ampliato. La nuova scoperta testimonia lo straordinario patrimonio archeologico del capoluogo ciociaro che ora in tanti chiedono di difendere e valorizzare.

Sorprese infinite
Il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani, assicura l’impegno dell’amministrazione comunale per arrivare, quanto prima, al restauro dei reperti rinvenuti. «Tutta l’area da Piazzale De Matthaeis allo stadio Matusa – dice Ottaviani – è di grandissimo pregio archeologico. Il problema, adesso, è di mettere a sistema tale straordinario patrimonio storico per riportarlo il più possibile alla luce e farne motivo di richiamo per la città. In questo senso – continua - penso anche a una convenzione con qualche università per portare avanti, insieme alla Soprintendenza, le attività di studio e di ricerca».

L’anfiteatro «sepolto»
Per il primo cittadino «se nella zona di De Matthaeis si continua a scavare – conclude – di sicuro emergono altri eccezionali reperti». Più difficile, se non impossibile, sarà invece valorizzare nella stessa area, in viale Roma, l’anfiteatro romano risalente alla fine del primo secolo dopo Cristo. L’antica struttura, capace di contenere fino a duemila spettatori, oggi si trova, infatti,sotto il garage di un palazzo costruito negli anni Sessanta. La storia sepolta dal cemento.


di Antonio Mariozzi (Corriere.it)

martedì 3 marzo 2015

CNR: DIMOSTRATA L'ESISTENZA DEL "NASTRO DI MOBIUS"

L'esistenza del nastro di Mobius, una particolare figura geometrica, è stata dimostrata sperimentalmente per la prima volta nella struttura della luce. Questa forma geometrica consiste in un nastro che si richiude su se stesso dopo una mezza torsione, tanto da congiungere in modo continuo una faccia con l'altra. A raggiungere questo risultato è stata una collaborazione internazionale che vede coinvolto l'Istituto Spin del Cnr. Il lavoro è stato descritto su Science.


In natura, la formazione spontanea di strutture con questa forma è estremamente rara: del tutto inattesa, quindi, era stata la previsione teorica, dieci anni fa, che nella struttura elettromagnetica della luce potessero celarsi piccoli nastri di Mobius. "Per meglio comprendere tali strutture, bisogna partire dalla natura di onda elettromagnetica della luce", ha spiega Lorenzo Marrucci di Spin-Cnr.

"In un fascio luminoso ci sono un campo elettrico e un campo magnetico che oscillano ad altissima frequenza. Seguendo nel tempo l'oscillazione del campo elettrico dell'onda, per esempio, si scopre che in certe condizioni essa tende ad avvenire in una direzione ben precisa nello spazio, che definisce la cosiddetta polarizzazione della luce. La direzione di polarizzazione non è però necessariamente uniforme, può variare da punto a punto". Di solito tali variazioni sono limitate e quindi non definiscono strutture troppo complicate.

"In opportune condizioni di preparazione del fascio di luce, realizzabili mediante l'utilizzo di una tecnologia innovativa sviluppata proprio nel nostro gruppo di ricerca di Napoli, si può ottenere invece un fascio di luce la cui direzione di polarizzazione varia nello spazio in modo da descrivere un nastro di Mobius, percorrendo un giro attorno all'asse del fascio", dice Marrucci. "Questo si verifica solo in una regione di spazio molto piccola, dell'ordine di pochi micrometri, in prossimità del punto focale del fascio. La visualizzazione di tale complessa struttura tridimensionale su scala nanometrica ha pertanto richiesto una tecnologia anch'essa del tutto innovativa, sviluppata solo l'anno scorso in Germania".

fonte: Repubblica.it