giovedì 11 ottobre 2012

Tibet: scoperta antica statua di un Buddha scolpita in un meteorite


Meteorite Statue
© Elmar Buchner

Un'antica statua di Buddha recuperata per la prima volta da una spedizione nazista nel 1938 era stata scolpita nell'atassite, minerale molto raro caratteristico dei meteoriti ferrosi. La scoperta è opera dell'Istituto di Planetologia dell'Università di Stoccarda, che ha analizzato la statua, che ha probabilmente mille anni e pesa 10 chili, che raffigura probabilmente la divinità buddista Vaisravana, meglio conosciuto come Jambhala.

Varisvana è il dio della ricchezza e della guerra, e spesso viene raffigurato con un limone in mano (simbolo di ricchezza) o con una piccola sacca di monete in mano (qui probabilmente ne tiene in mano uno dei due anche se non è molto chiaro). Sul petto dell'uomo una svasica buddhista, simbolo di fortuna (probabilmente il motivo scatenante per cui la stauta sia stata deportata in Germania).

La statua arrivò in Germania dopo una spedizione avvenuta tra il 1938 e il 1939 del zoologo/etnologo Ernst Schäfer, che venne mandato in Tibet per cercare l'origine della razza Ariana. In seguito la statua passò nelle mani di un privato. Nel 2007 la statua venne analizzata dal ricercatore dell'Università di Stoccarda, Elmar Bucher, che prelevò, con il permesso del proprietario, 5 minuscoli campioni dal manufatto. Nel 2009 vennero prelevati campioni di maggiori dimensioni all'interno della statua (meno soggetti a contaminazioni esterne) scoprendo la natura del materiale: l'Atassite.

Come si legge sulla rivista 'Meteoritics and Planetary Science', la statua tibetana esprime uno stile ibrido fra la cultura buddista e quella buddista Bon. L'atassite di cui sarebbe fatta costituisce un minerale molto raro dei meteoriti a base di ferro con alto contenuto di nichel. Secondo gli scienziati, questo materiale sarebbe stato portato sul nostro pianeta dal meteorite Chinga che colpì le aree della Mongolia e della Siberia circa 15 mila anni fa. I suoi frammenti furono scoperti ufficialmente dai cercatori d'oro nel 1913, ma molto probabilmente si iniziò a raccoglierli molti secoli prima, precisano gli scienziati.

Fonti:
Corriere.it
sott.net

mercoledì 10 ottobre 2012

Il batterio che crea l’oro, trovata la PIETRA FILOSOFALE?


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Photo by G.L. Kohuth

I ricercatori della Michigan University (Usa) hanno trovato l’anello di congiunzione tra scienza e alchimia. Il batterio metallidurans Cupriavidus sarebbe capace di trasformare il cloruro d’oro in pepite da 24 carati. Ma non c’è da illudersi, il procedimento è più costoso dell’oro prodotto, almeno per ora. Quindi niente febbre dell’oro o fabbrichette casalinghe di gioielli e monili.

Il Cupriavidus metallidurans, ceppo CH34, é un bacillo non sporigeno in grado di sopravvivere, e bene, anche in ambienti ad altissima concentrazione di metalli. Per un lungo lasso di tempo è stato usato come modello sperimentale per studiare le patologie da metalli pesanti. Il suo genoma è stato completamente sequenziato. Essendo un bacillo mesofita, trova impiego industriale nella decontaminazione di ambienti con ipersaturazioni metalliche.

Dal punto di vista genetico é noto che le sue caratteristiche dipendono daimegaplasmidi pMOL28 pMOL30.

La Michigan State University, la Martin Luther Universität, Halle-Wittenberg, e molti altri centri di ricerca stanno conducendo da tempo esperimenti d’avanguardia, che sembrerebbero coinvolgere anche talune manipolazioni genetiche, per ottenere una produzione di metalli pesanti tramite modificazioni di tali bacilli.

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Photo by G.L. Kohuth.

Di recente, è stato possibile ottenere in laboratorio la concrezione di pepite d’oro di grandezza visibile, ottenute dal Cupriavidus metallidurans, sotto particolari situazioni sperimentali.

Questi risultati sembrerebbero essere molto incoraggianti e, qualora fossero confermati e si risolvessero i restanti problemi squisitamente tecnici, sembrerebbe possibile avviare una produzione su scala industriale.

I tempi di trasferimento dalla ricerca pura a quella applicata e, quindi, alla produzione, potrebbero essere stimati tra i cinque ed i dieci anni.

Al momento attuale, i costi di produzione potrebbero essere valutabili attorno aitrecento dollari americani ppa all’oncia, ai quali si dovrebbe però aggiungere l’ammortamento degli oneri di ricerca. Non risulterebbero al momento brevetti internazionali in essere.

Le ricerche condotte negli ultimi anni sembrerebbero essere state almeno in parte secretate. Ciò é logicamente naturale, dato che in simili circostanze i ricercatori e gli enti di ricerca mirano od al brevetto oppure a passare ad aziende amiche l’intera procedura produttiva.

Si noti che oltre all’oro, vi sono linee di ricerca su quasi tutti i metalli rari.

Notizie tecniche.

Reith F. et Al. Mechanisms of gold biomineralization in the bacterium Cupriavidus metallidurans. Proceedings National Academy Sciences United States of America. pnas.0904583106. 106: 17757-17762, 2009. (Affiliation: Caltech).

Reith F et Al. Nanoparticle factories: Biofilms hold the key to gold dispersion and nugget formation. Geology. 38: 843-846, 2010.

Fonti:
ibtimes.com
scitechdaily.com

martedì 9 ottobre 2012

La tomba della "Signora del Dio Serpente", la regina guerriera Maya


Scoperti in Guatemala i resti di un’antica regina guerriera Maya che guidò il regno di Wak nel VII secolo d.C.


archeologia,Maya,Guatemala
La piccola giara d’alabastro raffigurante un’anziana donna. Fotografia di El Peru Waka Regional Archaeological Project

Nel sito archeologico maya di El Peru-Waka’ sono stati scoperti i resti di un'antica regina guerriera: la tomba sembra appartenere a K’abel, la sovrana che fu a capo del regno di Wak tra il 672 e il 692 d.C. 

Il ritrovamento è avvenuto durante gli scavi del tempio a piramide condotti da David Freidel, archeologo della Washington University di St. Louis. Il corpo era sepolto insieme a diversi oggetti, tra cui vasellame in ceramica, gioielli di giada, figurine di pietra e una particolare giara d’alabastro modellata a forma di conchiglia di strombo - un grosso mollusco tipico dei Caraibi - dalla quale emergono la testa e le braccia di un’anziana donna (foto sopra).

Secondo gli studiosi, i geroglifici sul retro della giara contengono i nomi di “Signora delle Ninfee” e “Signora del Dio Serpente”. Entrambi i nomi si riferiscono alla regina che governò il regno di Wak, K’abel, appartenente alla dinastia Kan ("serpente") originaria della città di Calamkul, la capitale maya. Sposata con K'inich Bahlam, si fregiava del titolo di “Kaloomte”, cioè supremo guerriero, che le dava maggiore autorità di un re.


Ornamenti da regina


Sebbene le pessime condizioni di conservazione dello scheletro abbiano impedito di determinare con certezza sesso ed età, le caratteristiche del cranio sembrano coincidere con quelle di un antico ritratto del severo volto della regina Maya.

Anche il ritrovamento di una conchiglia d’ostrica sul torace suggerisce che la tomba appartenesse proprio a K’abel: secondo gli archeologi che hanno studiato i resti, infatti, la regina indossava quel tipo di conchiglie come ornamenti.

David Stuart, un docente di arte e scrittura precolombiana alla University of Texas che non ha partecipato alla ricerca, sostiene che “è difficile stabilire l’identità di un corpo in una tomba regale, a meno che non ci sia un’incisione sulle pareti con il suo nome. Comunque c’è una discreta possibilità che sia proprio lei”. 

Anche se è possibile che la giara d’alabastro fosse soltanto un dono di K’abel finito in un’altra tomba, Stuart ha aggiunto che la traduzione dei geroglifici “è molto indicativa”. Proprio la presenza di entrambi i nomi con i quali ci si riferiva alla regina in altre iscrizioni, “non lascia spazio a molti dubbi sul fatto che si tratti della stessa persona”.


Una regina venerata


Stuart spiega che un’usanza della dinastia Kan era quella di dare in mogli le proprie principesse e nobildonne ai principi degli stati vassalli, quali appunto il regno di Wak. Donne come K’abel creavano una connessione familiare con le grandi città del nord come Calakmul. Venivano rappresentate sui monumenti ed entravano a far parte del simbolismo politico nei regni minori.

Il sito di El Peru-Waka’ si estende per circa un chilometro quadrato, con templi-piramide, piazze, palazzi e abitazioni. I suoi antichi resti monumentali, oggi nascosti nell’intricata foresta tropicale, si sono ridotti a un cumulo di macerie nel corso di secoli di abbandono.

La scoperta di questa nuova tomba potrebbe aiutare gli studiosi a capire perché la città rimase un centro di venerazione anche dopo il collasso del regno di Wak. Gli autori dello studio infatti scrivono: “Ora è chiaro che l'età d'oro della città, la sua grande regina e suo marito, vennero ricordati e celebrati dalle persone comuni, con le loro umili offerte e speranze per un futuro rinnovato”.

SCAVI - Il progetto archeologico è iniziato nel 2003 ed è finanziato dalla Fondazione per i beni culturali e naturali del Guatemala (Pacunam). Il sito di El Perú-Waká, si trova nel cuore della Laguna del Tigre National Park, nella Riserva della biosfera Maya.


Fonti:
nationalgeographic.it
pacunam.org
corriere.it